mercoledì 19 marzo 2008

LE CARATTERISTICHE DI UN BUON EDUCATORE-ALLENATORE

L'allenatore del Settore Giovanile oltre a possedere attitudini innate, deve essere in possesso di un costante equilibrio emotivo, arricchito dall'ottimismo, dall'umorismo e dallo spirito lieto.
Inoltre non deve avere mai atteggiamenti di ansietà, di malumore, d'intolleranza e di sfiducia.
Solo con la consapevolezza che il Bambino non pensa meno, non pensa in maniera più povera, non in modo peggiore degli adulti , ma che egli pensa solo in maniera diversa,

potrà aprire le porte dell'insegnamento dei giochi sportivi per i giovani.
Da non dimenticare che queste qualità devono essere accompagnate da una buona formazione di base e una grossa volontà di aggiornamento.

martedì 18 marzo 2008

NON SOLO SPORT, GESU' OGGI ENTRA IN GERUSALEMME: 16 marzo 2008 domenica Delle Palme.

Il mio vuol essere un Blog che parli soprattutto di Sport, ma la cultura occidentale farebbe meglio a riscoprire i valori religiosi che il nostro Signore Gesù ci ha dettato.
La riscoperta dell'associazionismo sicuramente può essere la svolta per i nostri figli e per la nostra cultura.
Quando parlo di associazionismo non intendo solo quello sportivo, ma anche quello religioso, quello culturale, ecc.
Domenica scorsa ho accompagnato i miei figli alla bellissima benedizione delle Palme d'ulivo, ringrazio Don Beppe e i suoi collaboratori per aver organizzato questa cerimonia, dedico Loro e a tutti i fedeli della Parrocchia Sant'Agostino questo Post.



Pubblico a ritroso le foto dell'evento , per onorare l'Altare Maggiore.
Approfitto per ricordare a Tutti che continua la raccolta fondi per il restauro della Cupola della chiesa , a Pasqua acquistiamo un uovo di cioccolata in meno ai nostri bambini e aiutiamo la chiesa per la raccolta dei fondi e riportare la luce sulla croce di Sant'Agostino

















I Popoli narrano la Sapienza di Gesù


venerdì 14 marzo 2008

Cinque regole d'oro - Educatore sportivo: consapevolezza del ruolo - di Lucia Todaro

Quante volte abbiamo ricordato a noi stessi e ai nostri giovani atleti che lo sport è una palestra di vita?
Mi pare che oggi i nostri atleti ci chiedano di più... che abbiano bisogno di relazioni significative con l'educatore sportivo, quale figura di riferimento significativa.
Dall'adulto, e adulto competente, si aspettano capacità di direzionalità e di contenimento, di chiarezza nelle proposte e di verifica degli obiettivi.
Il ruolo di allenatore ci porta a scegliere, dunque, uno stile educativo personale ed efficace: l'obiettivo è di trovare modalità adeguate per accompagnare i ragazzi nella loro crescita.
Chi vuole educare deve conoscere e amare i propri atleti; deve progettare per loro un percorso di potenziamento e valorizzazione del benessere globale della persona e del gruppo.
Lo stile ottimale non è costituito da regole, non esistono ricette pedagogiche efficaci!
Sarà vincente l'atteggiamento che si prefigge alcuni essenziali obiettivi e li persegue con continuità e flessibilità, affrontando la fatica e gli imprevisti che l'evoluzione psicologica della persona e del gruppo contengono. Occorre dunque:

1. Individuare l'interesse
Spesso la scelta della disciplina sportiva avviene in funzione di criteri inizialmente comuni: il pediatra consiglia l'attività fisica per favorire la crescita e la buona salute, l'insegnante affinché il ragazzo "scarichi le tensioni emotive", il genitore in funzione dell'interesse per uno sport o della necessità di trovare metodi "sani e utili" per occupare il tempo libero dei figli.
E l'atleta?
Il bambino ha una propensione, naturale o indotta, per lo sport, il movimento, il gioco e l'appartenenza ad un gruppo-squadra.
È importante che l'educatore sportivo sappia individuare la causa di avvicinamento allo sport di ogni ragazzo; dalla motivazione di ciascuno potrà trarre spunti per rispondere ai bisogni reali e garantire, così, un adeguato grado di soddisfazione.

2. Insegnare la tecnica
Il buon allenatore ha l'esperienza e la conoscenza necessarie per spiegare, far sperimentare, allenare e verificare i risultati di ciò che insegna della propria disciplina.
L'educatore sportivo ha, inoltre, la capacità di usare metodologie di allenamento e modalità di insegnamento che tengano conto dell'età, dell'originalità e delle aspettative di ogni atleta e di tutta la squadra.
Se non si vuol ridurre il proprio compito al solo "addestrare" bisogna conoscere anche le tecniche dell'osservazione, della programmazione, della comunicazione efficace e della verifica dei progressi del singolo e del gruppo.

3. Infondere la passione
Una delle carte vincenti è la passione per lo sport.
Ogni "fuoriclasse" dimostra di possedere qualcosa in più della preparazione tecnica o dell'esperienza acquisita quando il suo successo è dato dal suo coinvolgimento totale in ciò che fa.
L'educatore sportivo crede nello sport, ama la sua disciplina, spera nella sua squadra; tutte queste emozioni, sorrette da impegno serio e forza di volontà, sono coinvolgenti e trasmettono agli atleti il senso della "bellezza" dello sport.

4. Valorizzare l'impegno
Nell'età evolutiva è essenziale essere sostenuti nell'acquisizione della autostima.
Ogni risultato positivo consente al giovane atleta di percepire il successo come una tappa di crescita ed evoluzione che lo gratifica e rende, passo dopo passo, sempre più sicuro di sé.
Se l'adulto che educa sottolinea e fa riflettere non solo sui risultati ma anche sull'impegno, lo sforzo e la costanza con cui ogni ragazzo affronta lo sport, ottiene una maggiore efficacia dello stimolo alla stima di sé.
Valorizzando l'impegno si accentua la fiducia e la sicurezza e si aiuta ad avere una conoscenza equilibrata delle proprie potenzialità.

5. Testimoniare il valore
Si dice che l'esempio valga più di tante parole. In parte ciò è vero per il ruolo dell'educatore sportivo.
Chi crede nel valore di ciò che insegna lo manifesta con la propria personale testimonianza di competenza, impegno, passione...
Occorre però anche saper rendere ragione dei princìpi e degli ideali che animano l'attività educativa.
Saremo educatori credibili solo se ci crediamo davvero! E diverrà più semplice trovare il modo giusto, autorevole e costruttivo, per creare un clima dove il ragazzo abbia voglia di crescere!

mercoledì 12 marzo 2008

LA MENTALITA' VINCENTE

La mentalità vincente è quella qualità che influenza in maniera determinante la prestazione psicologica della squadra aiutandola ad ottenere risultati importanti.
Alla base della mentalità vincente di una squadra vi è l'intelligenza del singolo giocatore che sa rendersi conto che è parte importante, ma non indispensabile del gruppo, e che non risparmia le proprie energie, il proprio entusiasmo, la propria forza per aiutare i compagni a raggiungere gli obiettivi predeterminati.
Oltre a giocatori intelligenti OCCORRE POI UN TECNICO PREPARATO, in grado di definire con oculatezza gli obiettivi di prestazione e di risultato che la squadra di volta in volta dovrà cercare di conseguire.

L'allenatore è il supervisore che dovrà garantire unità di intenti e far si che la propria squadra si esprima con massima determinazione.
Le caratteristiche fondamentali di una squadra con mentalità vincente sono:
1. la compattezza del gruppo ed il rispetto dei ruoli da parte di ogni singolo componente
2. il saper affrontare le difficoltà con pazienza, determinazione e convinzione
3. riuscire a perseguire gli obiettivi senza cali di tensione
Cerchiamo di esaminare le caratteristiche sopra delineate.
La compattezza del gruppo ed il rispetto del ruolo, del lavoro ed a volte anche del limite del compagno è una componente fondamentale per costruire una squadra.
Non si può infatti parlare di squadra se alla base non esiste stima reciproca fra i giocatori e la consapevolezza individuale che dal lavoro del compagno trae giovamento ogni singolo giocatore, anche il fuoriclasse.
Dopo essere riusciti a creare un gruppo-squadra, ed il gruppo-squadra LO CREA L'ALLENATORE con il supporto determinante della società, sarà importante definire le caratteristiche mentali che la squadra dovrà dimostrare di avere sulla pista.
Una delle caratteristiche più importanti per vincere campionati o coppe è senza dubbio la continuità.
Ebbene la continuità riesce ad ottenerla la squadra che riesce ad affrontare qualsiasi avversario con la massima determinazione, la massima grinta e la massima intensità mentale.
E' chiaro che non tutti gli avversari, non tutte le partite rivestono per la squadra e per il giocatore la massima importanza (stimolandone conseguentemente l'autostima in modo equivalente), ma riuscire ad esprimere continuità è un obiettivo primario per poter affermare di possedere la mentalità vincente.
Io credo che molti allenatori invece di “dipingere” l'avversario di turno come il più forte del mondo dovrebbero stimolare la squadra verificandone la qualità e la costanza del rendimento mentale.
Non deve essere l'avversario di turno a stimolare il rendimento ma l'obiettivo di voler diventare una squadra continua.
Altra caratteristica fondamentale di una squadra mentalmente forte è la capacità di avere pazienza e impedire che i fattori negativi influenzino in maniera determinante il livello di prestazione.
Una squadra mentalmente forte non deve permettere ad un gol subito, ad una sconfitta, ad una decisione arbitrale contraria di diminuire la stima che ha di se stessa e conseguentemente il livello di prestazione che essa è in grado di produrre.
E' fondamentale però che la squadra abbia un gioco in cui creda e sia abituata ad attuarlo anche e soprattutto quando le si materializzano difficoltà concrete.
Terzo ma non ultimo importante elemento da considerare è la capacità (generata dall'intelligenza) di riuscire a lavorare, sempre, con il giusto entusiasmo, la giusta consapevolezza dei propri mezzi, la giusta umiltà, senza esaltarsi ne deprimersi.
In un due parole la squadra deve avere il giusto grado di tensione.






lunedì 10 marzo 2008

Qualche foto per i tifosi della AFP Giovinazzo





























Rigore parato da Michele Stallone

punizione diretta Lezoche

Briciole di gara di A1 tra Giovinazzo e Follonica 08 marzo 2008

domenica 9 marzo 2008

HOCKEY SU PISTA - Molfetta e Giovinazzo al minuto di raccoglimento piangono per i suoi 5 eroi del Lavoro della Truck Center


In occasione delle gare di Hockey su pista disputatesi sui campi di Giovinazzo e Molfetta si è osservato un minuto di raccoglimento per i cinque eroi del Lavoro della Truck Center.
Tutta l'Italia piange per i suoi :
Luigi
Michele
Biagio
Guglielmo
Vincenzo


venerdì 7 marzo 2008

LO STRESS NELLO SPORT

Viene definita stress la situazione psicologica generata dalla differenza tra le capacità che l'individuo percepisce come necessarie per portare a termine una determinata azione e quelle che l'individuo percepisce come proprie.
Lo stress può manifestarsi sotto due forme: ansia e noia.
Viene generata ansia quando ciò che siamo in grado di fare non è sufficiente per ottenere lo scopo che ci siamo prefissi o che siamo in qualche modo costretti a conseguire.
Viene generata noia invece, quando le capacità possedute sono notevolmente superiori a quelle che percepiamo come necessarie per portare a compimento l'azione assegnataci.
Lo stress quindi è strettamente correlato oltre che con l'azione che dobbiamo compiere anche con la percezione che abbiamo delle nostre capacità in rapporto a quelle che ipotiziamo come necessarie per il conseguimento dell'azione stessa.
La percezione delle capacità che l'individuo possiede viene definita autostima ed è una componente fondamentale per la salute psico-fisica della persona.
Vediamo adesso di evidenziare alcuni semplici esempi di come nello sport possa essere generato stress.
Lo stress nello sport viene generato ad esempio, dal dover conseguire obbligatoriamente certi risultati, dal dover vincere una certa gara ecc.
A volte è mi capitato di assistere a gare dove una squadra era letteralmente bloccata dalla paura di non riuscire a centrare il risultato, altre volte invece il dover centrare il risultato può stimolare la squadra fino a un punto tale da riuscire a tirar fuori una prestazione straordinaria.
Tutto questo mi induce a pensare che lo stress, sotto forma di ansia, non sia sempre e comunque negativo, ma che tale negatività venga generata nel momento in cui l'individuo, la squadra, si rende conto di non avere più le capacità sufficienti per arrivare allo scopo per il quale sta lottando.
Viceversa avere un obiettivo di non facile conseguimento ma comunque non impossibile stimola sicuramente l'individuo e la squadra a dare il meglio di sè.
Dare il meglio di sè viene anche stimolato dal dover affrontare avversari più forti o situazioni di difficile soluzione che non precludono comunque, anche in caso di risultato negativo o di insuccesso, un decremento dell'autostima individuale o di gruppo.
Sono queste le classiche situazioni in cui la squadra incontra avversari considerati più forti, dove non c'è niente da perdere o dove c'è molto prestigio da guadagnare nel caso in cui si riesca a rovesciare il pronostico.
Se lo stress sotto forma di ansia si sviluppa principalmente a livello professionistico dove c'è una pressione molto elevata su tecnici e giocatori, a livello giovanile occorre stare attenti a non far annoiare i giocatori proponendo esercitazioni sempre varie che aiutino nelllo sviluppo tecnico e allo stesso tempo stimolino l'attenzione, la partecipazione e l'impegno.
La ripetizione continuativa di un gesto tecnico o di uno schema tattico non deve arrivare al punto di annoiare il giocatore o la squadra perchè altrimenti i benefici che deriverebbero dalla ripetizione di un gesto al fine dall'assimilazione di una determinata qualità vengono annullati dalla scadente applicazione da parte del singolo o della squadra.

martedì 4 marzo 2008

RAPPORTO FRA ALLENATORI E GIOCATORI

Lo sport in generale ha subito dei profondi cambiamenti, per esempio nel rapporto fra allenatori e giocatori.
Il ruolo dell'istruttore nel settore giovanile ricopre un importanza sempre maggiore in funzione di una corretta crescita dei giovani giocatori.
Rispetto a pochi anni fa, infatti, si presentano al campo di allenamento ragazzi con esperienze motorie molto ridotte e i motivi di queste carenze sono facilmente individuabili:Aumento delle ore passate a scuola, delle quali solo una minima parte dedicata all'attività motoria.
Nelle grandi città, drastica riduzione degli spazi dove poter giocare liberamente.
Aumento delle ore passate davanti a televisione, videogiochi e computer.
Questa situazione ci deve far capire, perciò, come solo attraverso una corretta attività per ogni fascia di età riusciremo a costruire quel bagaglio motorio, tecnico e tattico che in precedenza veniva acquisito quasi per intero dal ragazzo attraverso il gioco spontaneo.
Oggi i giovani sono più curiosi, più spinti, più svegli e interrogativi.
Per questo bisogna preparare i tecnici ad allargare le proprie conoscenze e passare dal lavoro sul campo alla psicologia, alla fisiologia, alla droga, al doping, ai casi sociali.
Certo, l’educatore di domani avrà sempre con sé una palla e un fischietto.
Ma avrà bisogno di una formazione completa per poter affrontare tutti i problemi sociali, come quello del disgregamento delle famiglie.
Secondo le circostanze dovrà essere educatore, compagno, padre, amico, eccetera.
Non é più sufficiente imporre un’autorità.
Occorre una filosofia, un comportamento e soprattutto avere la volontà di ascoltare e di far passare un messaggio.
Deve essere credibile e difendere i propri valori.
Allora basta con i giochi di parole L’ALLENATORE É LA FIGURA PRINCIPALE DELLO SPORT.
TUTTO POGGIA SU DI LUI.
Si trova all’incrocio di tutte le situazioni, ha rapporti con tutti: dirigenti, giocatori, pubblico, media, sponsor.
Ha la visione completa della specialità, grazie alla sua esperienza, alla sua prospettiva”.
L’allenatore é anche il perfetto capro espiatorio.
Ciò che succede a questo riguardo é talvolta di un’ingiustizia totale.
Al massimo livello, dove la posta é rilevante, l’allenatore é il bersaglio privilegiato.
Temo che in avvenire l’allenatore completo non sia più riconosciuto e apprezzato.
Il suo lavoro non si giudica da una partita all’altra, ma nel contesto di una stagione.
Ho paura che lo sport-business distrugga l’uomo, in virtù del quale lo sport resta umano, resta soprattutto un’arte”.

sabato 1 marzo 2008

SPORT E PACE di Damiano Tommasi

(tratto dall'agenda "Comportamenti di Pace" a cura di Massimo Paolicelli - edizione 2000)
Le pagine sportive si confondono sempre più con le pagine di cronaca nera!
Gli scontri tra tifoserie che fanno seguito alla maggior parte delle partite di calcio, i 5.000 e più poliziotti smobilitati ogni domenica per prevenire conseguenze più gravi, le decine di morti che negli ultimi anni ci siamo ritrovati all'interno o all'esterno dei campi di gioco.
Sono segnali chiari della violenza che direttamente o indirettamente coinvolge lo sport.
Il calcio in Italia è l'imputato principale ma, purtroppo, anche altre discipline sono tristemente coinvolte.
Lo sport, quindi , deve dare un messaggio di pace.
Lo sport è un importante strumento educativo ed in tal senso deve essere sviluppato.
Gli sportivi sono esempi che i giovani vogliono imitare e per questo devono sentirsi responsabili dei loro comportamenti.
Purtroppo la cultura sportiva non è adeguatamente sviluppata.
Nella società odierna non si sa perdere!
Non si accetta la sconfitta e di conseguenza di esaspera il bisogno di un risultato positivo.
Chi non vince, sia nel ciclismo che nel calcio, sia nell'atletica che nello sci, è un fallito!
Non importa come hai perso, sei un fallito!
Non si distinguono più persone con valori positivi o negativi ma semplicemente vincenti o perdenti.
Lo sport dovrebbe insegnare proprio a perdere: tutti gli atleti che si accingono a disputare una gara sanno che possono vincere e possono perdere ma, allo stesso tempo, non accettano in nessun modo la sconfitta.
Le conseguenze più gravi di tutto questo sono le reazioni istintive, violente, esagerate che si hanno ogniqualvolta ci si sente imbrogliati, derubati, o in qualche modo danneggiati da arbitri, avversari o chissà chi.
Considerata la grande diffusione dello sport nella società, è compito di tutti adoperarsi affinché l'attività sportiva rimanga strumento per l'educazione a valori quali la lealtà, l'onestà, il rispetto.
Nessuno si deve sentire impotente di fronte ad un fenomeno che direttamente o indirettamente ci coinvolge tutti.
Dal dilettante al professionista, dal principiante al campione dal più giovane al più esperto, chiunque può e deve giocare "pulito".
"Pulito" significa nel pieno rispetto delle regole, con lealtà, con rispetto per l'avversario e soprattutto riconoscendo i propri limiti.
Una sana cultura sportiva va costruita giorno per giorno, ogni occasione è buona per imparare a giocare, a praticare uno sport in un modo diverso.
Saper perdere!
Questo è il più grande insegnamento dello sport.
Impegnarsi con tutte le proprie forze per vincere ma accettare l'eventuale sconfitta.
Interessi economici e finanziari, diritti televisivi e sponsor esigenti non si armonizzano con le regole dello sport.
E' questo contrasto evidente che crea esagerazione, rabbia frenesia, impazienza e tensione che sfociano inevitabilmente in episodi di violenza.
Chiunque, perciò, può, nel suo piccolo, accostarsi allo sport in un modo nuovo o, se vogliamo, in un modo più vero per far crescere una sana cultura sportiva.
Cosa fare?
Gli atleti, quindi, sono l'esempio da seguire.
Giocare e gareggiare nel rispetto delle regole, degli avversari e degli arbitri, rendendosi conto delle responsabilità che hanno, è fondamentale.
Se io protesto vivacemente "autorizzo" il pubblico a prendersela con l'arbitro; se io reagisco violentemente ad una scorrettezza dell'avversario sarò imitato dal pubblico nei confronti dei tifosi della sponda opposta; i comportamenti di pace nello sport sono dunque quelli che tendono a smorzare polemiche, reazioni violente e inutili.
Addetti ai lavori sono chiamati a diffondere sempre più la cultura della sconfitta.
Non si può vincere solo per evitare una perdita economica!
Non si deve esasperare la corsa ad un risultato esclusivamente positivo.
Mass-Media. Giornalisti, cronisti, opinionisti devono avere più coscienza del loro ruolo.
Criticare aspramente arbitri, atleti, dirigenti non fa che provocare reazioni più o meno violente nei confronti di queste persone.
Ecco, considerare il tifoso, l'atleta, l'arbitro, il dirigente come persona che ama, sogna, ha una famiglia, piange, ride, lavora, pensa, riflette e, per questo, può sbagliare deve essere il compito dei mass- media.
Per far questo e per limare quella spigolosità nelle discussioni, sarebbe utile evitare di far uso di vocaboli quali cecchino, bomba, cannonata, fallo assassino, corsa della vita, salita massacrante, errore da suicidio, giocare alla morte
(n.b. i giornalisti di TELE+ si stanno impegnando in questo senso).
Infine, gli appassionati, sono chiamati ad accostarsi allo sport non dimenticando che sono di fronte sempre e comunque a delle persone come loro, con gli stessi diritti e gli stessi doveri. Allenarsi giorno per giorno ad accettare la vittoria e la sconfitta come parte del gioco e perciò evitare qualsiasi reazione istintivamente violenta.
Damiano Tommasi